LA «BICICLETTA» DI CHIMENTI


Vito Chimenti, quello della "bicicletta"

Vito Chimenti sarà senza dubbio ricordato nella storia del Palermo (e dell’intero calcio italiano) per la «bicicletta». Con lui questo giochetto tecnico e spettacolare divenne sistematico e fu eseguito al servizio dell’azione. Mai fine a se stesso, serviva a scavalcare l’avversario di fronte, sconcertandolo con una giocata che mai sarebbe stato in grado di prevedere. In cosa consiste la «bicicletta»? Difficile da spiegare a parole, ancora di più da effettuare. La palla è dietro di sé, si prende tra i due piedi, stringendola tra il collo di un piede e il tacco dell’altro. Quindi con la spinta del tacco, il pallone scavalca sia il giocatore che la esegue che quello che gli sta di fronte. Infine, una volta superato (e c’è da giurare che ci vorrà qualche secondo all’avversario per capire cosa è successo) l’attaccante può affrontare il campo libero, senza più la marcatura. Ovviamente i tifosi andavano in visibilio per questa giocata. Anche perché Chimenti non era solo «bicicletta». Le sue due stagioni a Palermo furono eccezionali: giocò 38 partite nel ’77/’78 e 36 nel ‘78/’79, segnando rispettivamente 16 e 13 gol. Non si ripeté più a quei livelli, pur giocando sempre ottimi campionati anche in serie A. Ma l’amore dei tifosi smise un giorno preciso del ’79, quando il Palermo e la Juve si affrontarono a Napoli per assegnare la Coppa Italia. La seconda finale in 5 anni per il Palermo. Chimenti segnò subito contro Zoff, un gol trasmesso in diretta dal telegiornale che si era collegato per presentare la partita. Ma nel 2° tempo non rientrò in campo. «Colpa di Cabrini – spiegò dopo Chimenti -, che mi aveva dato una botta terribile al ginocchio. Non ci sono segreti in quella sostituzione, lasciai il campo per motivi fisici».

Ma l’alone di incertezze allora rimase, e tuttora ai tifosi che hanno vissuto quel periodo resta l’amarezza di non aver visto il bomber tornare in campo nel secondo tempo.