IL DOPOGUERRA E L'EPOCA D'ORO


Mentre la città faticosamente si riprende dal durissimo conflitto bellico, anche il calcio ricomincia a muovere faticosamente alcuni passi. Il 1° luglio ’47 viene nominato presidente il barone Stefano La Motta, che si avvale delle proprie amicizie tra i nobili e al Banco di Sicilia, al posto di Giuseppe Agnello. Nel ‘47/’48 arriva la seconda promozione in serie A. La squadra è affidata al mitico Virginio Rosetta, detto "Virì", campione del mondo con la nazionale di Pozzo. Della formazione fa parte anche Cestmir Vycpalek, centrocampista boemo che fu convinto a rimanere a Palermo dallo stesso Rosetta e da Varglien II. Stava facendo le valigie per tornare nel proprio paese, rimase in città dove ancora oggi vive nella stagione estiva. Nell’anno della promozione arrivò anche la soddisfazione del capocannoniere del torneo - "Pavesi" De Marco - con 23 gol.

Siamo in serie A. In casa il Palermo è temibile: batte fior di squadroni come Inter e Juve e pareggia col grande Torino rimontando da 0-2, cinque mesi prima del tragico incidente di Superga che chiude l’epoca di una delle squadre più forti di tutti i tempi. Sono gli anni dei primi stranieri del dopoguerra e a Palermo arrivano il danese Helge Bronée dal Nancy (leggenda vuole che a pagare di tasca propria i 40 milioni del suo acquisto fu il dirigente Raimondo Lanza di Trabia) e il turco Gulesin Sukru dalla Lazio e gli anni dei primi ritiri precampionato (il primo del Palermo fu ad Enna nel ’49). Sia Sukru che Bronée venivano rimproverati di condurre una vita privata non proprio irreprensibile, ma erano grandi giocatori. All’esordio il danese segnò tre gol al Torino, in una partita di torneo in cui a entrambe stava bene il pareggio. I difensori rosa dovettero mettercela tutta per far terminare la partita 3-3... In panchina arriva un’altra figura straordinaria: "Gipo" Viani, sconosciuto quando venne in Sicilia, mentre il principe Lanza di Trabia (inventore del calciomercato all’hotel Gallia di Milano assieme allo stesso Viani) si diverte col "giocattolo" Palermo, portandolo nel football che conta. Palermo sogna con Ninetto "Fiordaliso" De Grandi e ha la soddisfazione di vedere un proprio giocatore - Gimona – convocato in nazionale (1952). Il principe Lanza sfida l’amico Agnelli, per Palermo è un periodo straordinario. E nel ‘51/’52 a metà campionato i rosa sono primi assieme a Juve e Milan. Quando il principe partirà per la Persia a caccia di tigri, il Palermo si sgonfierà chiudendo al 7° posto.

Morto il principe Lanza, la società risolve i propri problemi economici (quasi una costante nella storia rosanero) grazie all’intervento dell’onorevole Mario Fasino, che fa arrivare in società contributi regionali. Ma il momento d’oro del Palermo sta per chiudersi e dopo sei anni di A, arriva la retrocessione (‘54/’55) al termine degli spareggi contro Spal e Udinese. Per alcuni giornali del tempo la decisiva partita contro i ferraresi persa dal Palermo fu "sospetta" e i rosa furono battuti immeritatamente. Passa un solo anno e i rosanero sono nuovamente promossi in A dove però rimangono una sola stagione.

Nel ’57 alla guida della società c’è l’avvocato Casimiro Vizzini, affiancato da Totò Vilardo. Allenatore è "testina d’oro" Puricelli, la dirigenza acquista per 80 milioni il 37enne uruguayano Walter Gomez dal Milan, che viene spacciato per ventisettenne, e l’argentino "Ghito" Vernazza dal River Plate. Come una cometa passa il norvegese Harne Kotte. Il Palermo sale e scende tra A e B. La promozione arriva con Vycpalek in panchina e con uno strepitoso Vernazza, capocannonniere tra i cadetti con 19 reti. E’ un grande squadra (‘58/’59), e gli emigrati siciliani la invitano pagando una tournée in Nord America. In quegli anni in difesa nel Palermo gioca Tonino De Bellis, che disputerà 258 gare in rosanero (il primatista Roberto Biffi ne ha giocate 294, Enzo Benedetti 274). Sono le grandi stagioni di Vilardo dirigente (aveva cominciato come segretario) detto la "volpe del mercato", di Anzolin e Sacchella che vestono la maglia della nazionale B, del terzino Burgnich e del portiere Mattrel (una presenza da titolare ai Mondiali ‘62) che arrivano dalla Juve, assieme a un conguaglio, per Anzolin. Ma ci sono anche altri stranieri, tra cui il turco Metin Oktay, il "nervoso" paraguayano Arce, lo svedese Borjesson e il brasiliano José Fernando. La stagione ‘61/’62 è straordinaria: viene battuta la Juve a Torino per 4-2 e l’Inter alla "Favorita" in un clima forse irripetibile. Quell’anno la squadra conclude all’ottavo posto dopo un avvio disastroso. L’anno dopo il Palermo vorrebbe tentare il grande salto di qualità, ma retrocede ingloriosamente: per giunta, Vilardo viene squalificato a vita per tentata corruzione nei confronti dell’arbitro Concetto Lo Bello.

In B la panchina è affidata all’ungherese Szekely, un tipo che vive con la famiglia in una roulotte. Nel ‘64/’65 la Lega nomina un trio dirigenziale che deve guidare il Palermo mentre anche la politica fa il suo ingresso "attivo" nella società con una serie di presidenti "sistemati" sulla poltrona più importante della società. Intanto i rosa restano in B, vien fuori qualche campioncino come Tanino Troja (del quartiere Resuttana), ceduto al Brescia. Dalla Juventina arriva il giovane Ignazio Arcoleo (suo il primo gol a colori, quando giocherà in serie A, trasmesso dalla tv). Si stanno costruendo le basi per il ritorno in serie A del Palermo cinque anni dopo. Il presidente Pergolizzi e il suo vice Renzo Barbera affidano la squadra al "maestro" Carmelo Di Bella (in seguito premiato con l’ambito riconoscimento per allenatori "Seminatore d’Oro"). Dal Taranto arriva Romeo Benetti, regista è Graziano Landoni. La stagione è la ‘67/’68, i rosanero concludono al primo posto. Gli spettatori ovviamente sono presenti in massa alla "Favorita". Per la A i rosa cedono Benetti alla Juve, si riprendono Troja e prendono in prestito Furino. I rosa concludono all’11° posto nella massima serie.

Un paio di aneddoti vanno raccontati riguardo a quel fortunato periodo rosanero. Uno riguarda il "barone" Franco Causio, che un giorno si presentò all’allenamento con i capelli lunghi e un giaccone col collo di pelliccia. Di Bella lo fermò: "Dove sta andando?", gli chiese. "Ad allenarmi", rispose Causio. "Conciato così, lei può andare solo a passeggio. Si tolga la pelliccia perché si muore di caldo e vada a tagliarsi i capelli. Poi torni al campo". In un’altra circostanza, Altafini rivolse il gesto dell’ombrello al pubblico della "Favorita" dopo aver segnato in un Palermo-Napoli. Si scatenò il finimondo! Il pubblico invase il campo e l’arbitro romano Sbardella andò via con un elicottero dei Carabinieri. Nell’anno successivo arriva la retrocessione, con una sola soddisfazione: aver battuto il Cagliari campione d’Italia. Una costante quella del Palermo nel corso della sua storia: forte e capace di imprese straordinarie in casa ma molto fragile in trasferta.