IL DURO VENERANDA


Veneranda, il "sergente di ferro"

Gli allenatori come Veneranda nella storia della letteratura legata al calcio sono sempre stati denominati «sergenti di ferro». Ambizioso, testardo, sicuro di sé, Nando Veneranda è un personaggio rimasto legato a Palermo come pochi. Arrivò alla «Favorita» da giocatore nella stagione 1967/’68, e la squadra venne promossa in A. Dieci anni dopo, il ritorno in panchina. Allenava il Marsala ma dovette praticamente «fuggire» a causa di alcune incomprensioni con l'ambiente. A Palermo fu ospitato dal vecchio compagno di squadra Tonino De Bellis, e proprio al suo posto venne chiamato per la sua prima esperienza in serie B: allora guadagnava pochi soldi, e non si lasciò scappare quella grande occasione. In quel periodo si trovava a Coverciano per il «Supercorso» da allenatore e così dava ordini alla squadra al telefono: solo alla fine della settimana riusciva a raggiungere i giocatori. Ugualmente riuscì a salvare il Palermo dalla retrocessione. Era un uomo capace di rendere compatti ambiente, spogliatoio e squadra. Capitava che piombasse all’improvviso nelle case dei suoi giocatori per controllarli. Con lui in panchina la società rosanero arrivò in finale di Coppa Italia, poi persa ai supplementari contro la Juventus e sfiorò una promozione in serie A. Al suo nome è legata inoltre l’ultima salvezza, nella stagione 1985/’86, prima della radiazione.

Il suo primo ciclo a Palermo si chiuse proprio con la finale di Coppa Italia. Qualcosa cambiò dopo quella partita: la sua delusione fu grande e lo si vide subito, alla fine di quel match. Negli spogliatoi non ringhiò infatti come dopo ogni sconfitta, non protestò contro i cronisti che chiedevano spiegazioni tattiche, né bestemmiò come era solito fare. Si limitò solo a sottolineare i meriti della Juve, con rassegnazione. Qualche settimana dopo, si seppe che avrebbe lasciato Palermo. «vado a Verona – disse -, vado a Verona», ma anche lì non vinse nulla, anzi rimpianse il clima, il pubblico ed anche i dirigenti rosanero.

Veneranda era un grande conoscitore di calcio, delle tattiche, dei giocatori: era sempre informato, non lasciava nulla al caso. Ha avuto anche momenti di splendore in serie A ma gran parte della sua carriera l'ha spesa nel tentativo, quasi sempre riuscito, di salvare squadre già... retrocesse. Un'etichetta, quella di «salvatore della patria», che non gli piaceva. Per questo motivo rifiutò talvolta alcune offerte: non gli andava di essere chiamato quando c’erano da gestire occasioni disperate.

Le sue squadre giocavano un calcio a metà tra un modulo attendista ed uno più aggressivo, pur schierando sempre le sue squadre «a uomo».

Subì una delusione quando non fu richiamato in panchina nell’anno della  ricostruzione dopo la radiazione, nella stagione 1987/’88. Si aspettava di continuare l'avventura lasciata a metà, invece la nuova società rosanero ingaggiò Pino Caramanno. Nei giorni tempestosi della cancellazione rimase in città ad attendere gli eventi, lasciando Palermo solo quando la radiazione fu certa. Ma pur di tornare, avrebbe accettato anche la C2. Forse avrebbe potuto ottenere di più dalla sua carriera, Veneranda, ma al tecnico marchigiano va riconosciuto il merito di non essere sceso mai a compromessi con nessuno.